Errore, rinuncia, fallimento: davvero sono solo negativi?

Pubblicato il Posted in Business

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Errore.
Rinuncia.

Addirittura fallimento!

Opportunità di crescita o…?

Con una breve ricerca internet possiamo trovare una montagna di aforismi che elogiano queste situazioni come momenti formativi e conferme che abbiamo almeno tentato di impegnarci in qualcosa.

In generale però, ed io per prima, siamo istintivamente portati a dare a queste parole un significato negativo.

Razionalizzando sappiamo che l’errore ed il fallimento fanno semplicemente parte della nostra vita privata e professionale.
Perché solo chi non fa niente non corre il rischio di fallire o sbagliare.

Queste situazioni però generano contemporaneamente in noi emozioni negative come paura, insicurezza, confusione o fastidio.

Se l’errore ed il fallimento hanno invece come oggetto altre persone le emozioni che possiamo provare vanno dal disprezzo alla compassione, se non riusciamo invece a provare empatia e comprensione.

L’errore e lo stigma sociale.

Vogliamo parlare anche della vergogna, frutto di una società che sembra essere particolarmente, se non esclusivamente, orientata al risultato (positivo, inutile dirlo)?

Se non vinci, non sei nessuno.

Fai un errore e il giudizio è lo stesso.

Quando perdi o rinunci, sei un fallito.

Perché il male “pesa” di più del bene?

In ultimo aggiungerei anche la generica prevaricazione del male sul bene.

Recepiamo più velocemente le informazioni negative rispetto alle positive.

Allo stesso modo ricordiamo maggiormente errori e fallimenti rispetto ai successi ed ai risultati positivi ottenuti.

I pensieri “brutti” sono più difficili da allontanare da noi, così come quanto ci succede di negativo viene trattenuto più a lungo ed intensamente rispetto a ciò che di buono ci coinvolge.

E chissà perché i giudizi o i commenti negativi di altre persone ci colpiscono e rimangono maggiormente impressi rispetto a quelli positivi!

Su questo punto ci sono studi che spiegano le motivazioni psicologiche dietro quella che molto semplicemente definirei una naturale tendenza alla negatività.

Non mi addentro oltre perché non è il mio campo, ma le informazioni che ho letto per preparare questo articolo sono decisamente interessanti.

Se siete incuriositi dall’argomento vi consiglio senz’altro un approfondimento.

Per iniziare potete leggere questo articolo che riassume molto bene l’argomento.

Il lato positivo esiste!

Insomma, considerato tutto quanto scritto, non è che ciò che sta dentro (le motivazioni psicologiche) e intorno a noi (il contesto sociale) ci aiuti ad accettare queste situazioni come normali, traendone magari invece insegnamenti o esperienze che possono addirittura rivelarsi un plus.

Si, perché il punto è proprio questo (che è anche la ragione di questo articolo).

Sbagliare, rinunciare o fallire possono rappresentare delle vere e proprie opportunità ed in alcuni casi possono essere una dimostrazione di intelligenza e lungimiranza.

Vediamo come, con un piccolo chiarimento.

Ovviamente riconosco le diverse sfumature che contraddistinguono le singole situazioni.

Per comodità le considerazioni che seguono tratteranno errore, rinuncia, abbandono, resa e fallimento (e tutti i loro sinonimi) come situazioni “omogenee”.

Questo perché in linea generale sono accompagnate dalle stesse emozioni e dalle stesse motivazioni.

Il mio rapporto con la rinuncia e gli errori.

Personalmente credo che rinunciare o abbandonare qualcosa, così come commettere un errore, possa essere considerato un fallimento perché non abbiamo portato a termine qualcosa nelle modalità previste.

In questo caso è la precisinis che c’è in me a parlare!

Ciò detto, nel corso degli anni mi sono anche resa conto – come del resto sostengono gli esperti – che rinunciare a qualcosa a volte è segno di lucidità mentale ed accortezza.

Accettare un errore ed andare avanti significa avere capito che quella non era la strada giusta, dandosi invece da fare per scegliere una direzione diversa.

Insomma, ho dovuto ricredermi sulla mia credenza “di pancia” (che comunque rimane come prima reazione ad una situazione di questo genere ☹), arrivando alla conclusione che a volte un errore o una rinuncia possono essere quanto di meglio ci poteva capitare!

Perché?

L’errore come occasione per imparare.

Avere sbagliato qualcosa ci permette di acquisire esperienza e capire quanto meno cosa dobbiamo evitare per raggiungere un obiettivo.

Certo, sarebbe stato meglio azzeccare la giusta strategia fin dall’inizio, ma non tutto è perduto.

Ci metteremo magari un po’ di tempo in più, ma l’esperienza pregressa ci sta mostrando una nuova strada da seguire.

La rinuncia come visione lungimirante.

Daniel Kahnemann ha definito, all’interno della sua teoria del prospetto, quella che è nota come avversione alla perdita.

In breve, Kahnemann sostiene che “…per la maggior parte degli individui la motivazione a evitare una perdita è superiore alla motivazione a realizzare un guadagno…”.

In pratica diamo ad una perdita un valore negativo decisamente superiore al valore positivo che riconosciamo ad un guadagno.

Facciamo quindi il possibile e l’impossibile per evitare la prima e favorire il secondo, costi quel che costi, anche se la perdita sarebbe in quel caso il minore dei mali.

Questo punto è particolarmente interessante in ambito lavorativo e può essere applicato a tutti quei progetti nei quali abbiamo creduto ma che non hanno avuto il successo sperato.

La tentazione può essere di perseverare e proseguire, magari con un pensiero alle risorse fin lì investite.

La scelta più giusta sarebbe probabilmente quella di rinunciare, così da non aggiungere risorse a fondo perduto a quelle già impiegate fino a quel momento.

Imparare ad accettare un errore ed arrendersi, anziché accanirsi in un progetto sbagliato, ci permette di limitare i danni ed indirizzare le nostre risorse verso altre idee.

Il fallimento come opportunità di crescita.

Il fallimento è parte integrante della nostra vita, volenti o nolenti.

Chi non la pensa così evidentemente non è in grado di valutarsi correttamente, perché è praticamente impossibile evitare sempre e comunque errori e fallimenti.

Fare nostra ed accettare la possibilità di sbagliare, di non ottenere sempre ciò che desideriamo o di non fare sempre ciò che vogliamo rappresenta quindi un’opportunità di crescita.

Non più bambini che fanno i capricci perché non viene concesso loro ciò che chiedono.

Invece adulti responsabili che capiscono che non tutto è a portata di mano e che a volte rinunciare è indispensabile.

Il coraggio di chiedere aiuto.

Tirare avanti, resistere ad oltranza o sopportare qualsiasi avversità non è positivo.

Significa arrancare senza fare reali progressi, scoraggiarsi per le difficoltà e soprattutto non avvicinarsi di un millimetro al risultato voluto.

Ecco perché trovarsi davanti ad un possibile fallimento o errore ci consente di imparare a chiedere aiuto a chi è più competente di noi o riesce a vedere ciò che in quel momento a noi rimane oscuro.

Questa scelta implica la consapevolezza di non essere onniscienti o infallibili ed il parallelo riconoscimento che qualcuno in quel momento è migliore di noi.

In poche parole, chiedendo aiuto sconfiggiamo la paura che può bloccarci dal farlo, mostrando invece il coraggio di chiedere “Aiutami.”.

La paura di sbagliare.

Uniformarsi al contesto sociale che ci vuole perfetti sotto ogni punto di vista sottintende una grande paura.

Di non essere all’altezza.
Di deludere.
Di sbagliare.

Il risultato?

La nostra paura può diventare talmente grande da paralizzarci, impedendoci di imparare e migliorare ma anche sottraendo energie mentali e fisiche che sarebbero invece una risorsa preziosa per affrontare ciò che abbiamo di fronte.

Liberarci da questa paura (o almeno imparare a dominarla ed a riconoscerle un giusto – ma non smisurato – valore) significa sfruttare al meglio le nostre risorse ed essere liberi nelle nostre scelte.

E si, liberi anche di sbagliare!

Concludendo.

Mi rendo conto che questo articolo non ha la consueta valenza divulgativa.

Più che altro sono una serie di considerazioni personali, nate dall’esperienza (anche negativa ☹) e dai pensieri che volta per volta mi sono passati per la testa davanti a situazioni che per natura non mi piacevano ma che ero ovviamente costretta ad affrontare.

Alla fin fine forse si tratta solo di uno scambio di idee.

Ho voluto condividere cosa ho provato e cosa ho imparato, con la speranza di ricevere in cambio altre idee che potrebbero prima o poi rivelarsi utili ad affrontare altre situazioni di questo tipo.

Ecco perché ti invito a lasciare un commento sull’argomento.

Mi piacerebbe conoscere altri pensieri in proposito, altre valutazioni delle situazioni che ho riportato.

Insomma, punti di vista simili o diversi dal mio che potrebbero essere di aiuto a me o ad altri.

Concludo, questa volta veramente, con una frase che ho trovato durante le ricerche per questo articolo e che mi sembra sintetizzi perfettamente il mio pensiero:

Voltare pagina non significa avere sbagliato,
significa avere capito.

Direi che non c’è altro da aggiungere.

Grazie e a presto.

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